mercoledì 7 marzo 2007

Diritto d'autore e Internet

Parlare di diritto d’Autore considerando Internet, diventa un discorso che può avere un solo senso. Una dimensione di comunità che implica dei valori e delle realtà chiare delle quali occorre tenere conto se vogliamo che il progresso dell’uomo sia certo e sicuro per tutti in piena eguaglianza. Prima di addentrarci nella tematica appena impostata, occorre spiegare il vero significato della parola “comunicare”: senza volere descrivere il vero significato del termine, voglio schematizzare con una battuta il concetto:
“la nuova fonte del POTERE non è il denaro nelle mani di pochi, ma la CONOSCENZA nelle mani di molti”.
È chiaro il collegamento diretto tra la parola “comunicare” e “Potere”. Il teorema ci dice che, il nostro futuro è nella conoscenza che deve essere di tutti indiscriminatamente. Non è possibile prospettare un futuro, nelle mani di poche entità, perché in un futuro non troppo lontano, avremo bisogno delle risorse di tutti. Avere popolazioni “ignoranti” vorrà dire spendere risorse immense per combattere guerre che come ormai sappiamo, producono solo miserie e povertà. Il pianeta che ormai diventa sempre più piccolo e dove le distanze sono relative, nel senso che, con i mezzi di comunicazione spesso non abbiamo bisogno di spostarci dalla nostra sede e possiamo interagire con persone distanti da noi migliaia di Kilometri.
Per gestire le risorse appena descritte, occorre che tutti abbiano la conoscenza …e pensare ad un sapere per pochi è pura utopia. Quello che intendo dire non è un mio pensiero personale ma bensì una realtà che anche il Potere politico e istituzionale dovrà accettare e applicare se riconoscerà che il futuro del nostro pianeta dovrà essere roseo e non avviato verso un’Apocalisse che sarà inevitabile se continuerà a permettere che il capitale venga accentrato nelle mani di pochi.
Internet è una creatura composta dai dati di centinaia di milioni di utenti, i quali hanno inserito la loro conoscenza maturata in decenni di esperienza. La Rete è composta da decine di miliardi di pagine e diventa sempre di più un veicolo di conoscenza per tutti. La Rete è un eccellente veicolo di informazione in tempo reale – la Rete è la connessione delle singole intelligenze. Tutto quello che possiamo trovare in Internet è gratis e nessuno si è sognato mai di chiedere il “diritto d’Autore”, anche perché sarebbe una cosa inattuabile e… non farebbe altro che minimare la Rete stessa, portandola gradatamente verso l’involuzione.
Internet è una creatura con ben precise caratteristiche:

“Internet libera” = evoluzione – incremento – convenienza per i singoli e… per le grandi organizzazioni di Business, che possono vedere i loro introiti moltiplicati in modo esponenziale.
“Internet controllata” = involuzione – calo di interesse da parte dei singoli e… di conseguenza, minore interesse da parte delle attività commerciali e industriali.

Se è vero che nella libertà la Rete subisce un aumento esponenziale, è vero pure il fenomeno inverso che si manifesta nel momento che si pretende di “lottizzare” tutta la struttura (che è sempre virtuale) in una dimensione che permetta lo sfruttamento da parte di pochi. Voglio dire che, in Internet non esistono le “regole” e… tanto meno, si può pretendere di accaparrare pezzi di territorio come siamo abituati a vedere nell’ambiente “reale”. Il fenomeno è dovuto al fatto che in Internet nulla può essere di domino personale ma… in reale comunione. Il gridare ai pirati equiparati a delinquenti ha creato un allarmismo fuori luogo a pro dei detentori dei cosiddetti diritto d’Autore. Già, ma quali sono i veri detentori e su che cosa dovrebbero vantare diritti? Facciamo alcuni esempi:

Steven Job?
Che con il suo Music Store ha venduto dal 2003 fino al 2006 (tre anni) circa SEIMILIARDI di brani musicali al prezzo di 0.99 dollari cadauno. Non occorre essere degli esperti di cose finanziarie per desumere l’immenso guadagno di questo signore che oltre tutto produce il riproduttore (iPod) venduto ad un prezzo di quattro volte superiore al costo di produzione. Anche in questo caso dobbiamo considerare che di questi aggeggi ne sono stati venduti per decine o centinaia di milioni di esemplari. Il guadagno del signor Job supera il PIL di una piccola Repubblica - oppure di una media industria con decine di operai che produce dei beni di consumo reali. Eppure negli anni appena considerati sono stati scaricati e scambiati altrettanti brani musicali gratis! Figuriamoci se il fenomeno non fosse esistito – se tutti fossimo “onesti” e proiettati verso il sempre maggior guadagno per questo signore uguale ad altrettanti miliardi di abitanti di questa Terra, con l’unica differenza che ha dalla sua la protezione delle leggi scritte ad hoc per lui e molti altri che vivono di favoritismo. Il signor Job si troverebbe ad aver guadagnato cifre favolose alla faccia di quelle persone che ogni giorno muoiono di “Tracoma” o di insufficiente alimentazione.
Vendere musica in Rete non necessita di strutture, perché non si vende nulla di fisico. Una volta che sono stati riversati in un Server i brani da vendere, è come se appendessimo un quadro alla parete e vendessimo l’autorizzazione a scattare una fotografia dello stesso. Capite che, l’originale rimane sempre li (appeso) e… che si scattino 10 – 100 – 1000 o un milione di fotografie, nulla viene tolto – all’originale e nulla viene fornito a chi ha avuto l’autorizzazione a scattare una fotografia per avere una copia dell’opera d’arte a casa propria. Chi scarica musica deve avere il suo apparecchio (pagato a carissimo prezzo) e… tutte le spese sono a suo carico.
Il lavoro di chi vende musica attraverso Internet oltre che abusivo verso la comunità, sfrutta la Rete che in sostanza è di chi:

Sta leggendo questo scritto.
Spende per la connessione a Internet.
Occupa tempo ed energie per scrivere e pubblicare le sue idee.
Paga il mantenimento di un suo Dominio.
Condivide la sue esperienze con tutti!!

Tutti noi siamo i padroni della Rete e… in un regime di vera Giustizia dovremo essere risarciti per i nostri sforzi per la nostra volontà. Parlare di “Pirati” significa considerare tutto il popolo della Rete semplicemente una massa di delinquenti, che giornalmente sono passibili di commettere Reato. Si è pensato di far pagare una balzello per che acquista dei CD-ROM vergini, che possono essere usati per tanti usi oltre che per masterizzare musica. I proventi di questa assurda tassa vengono pagati ai detentori dei diritti che con tempo hanno acquistato dai singoli artisti. Tutto questo fare è un’operazione di abuso verso chi non può di certo opporsi e di incentivo verso chi ha guadagnato mille volte del normale. La vera Giustizia sarebbe, che i proventi della tassa sui dischi vergini, dovrebbero essere versati alle fabbriche che producono i supporti, perché con l’avvento della vendita della musica in Rete, la richiesta di CD è crollata costringendo i titolari a chiudere e licenziare le proprie maestranze.
C’era da aspettarselo che le cinque – sei Major che si spartiscono i diritti sulla musica, avrebbero realizzato che con la Rete ci sarebbero state delle opportunità per un Business fuori da ogni previsione. È chiaro che, chi ha soldi ha le capacità di approfittare delle opportunità che l’interpretazione fatta a senso unico e con arroganza delle leggi vigenti offre loro. Se il sesto potere è la comunicazione – il settimo potere sono gli avvocati, per i quali la ragione può essere costruita ad hoc e permette sempre a chi può disporre di soldi di vincere sui deboli. Deboli singolarmente ma… con forza superiore a qualsiasi Major o istituzione quando si tratta la Rete nel suo complesso. Andiamo a vedere quali sono state e quali saranno le ripercussioni future, dell’arroganza del Potere. Internet può contrapporre forze in un rapporto di mille a uno con le istituzioni che, seppur organizzate e con disponibilità di mezzi tecnici di avanguardia, non possono competere con i personaggi che nella Rete sviluppano la loro intelligenza.

Occorrono 24 ore per aggirare una protezione anticopia.
Il prezzo dei supporti vergini che con la Rete possono essere ordinati da zone franche, sono crollati (perché per fortuna non tutti fanno pagare il balzello).
I supporti odierni hanno capacità sempre maggiore e contengono sempre più brani musicali.
Il prezzo delle memorie Flash è in discesa e… ogni giorno acquisiscono maggior capacità.
Oggi si parla di memorie capaci di contenere migliaia di brani grandi quanto un’unghia con prezzi sempre più abbordabili da chiunque.

Se il Potere dovesse decidere (per fare contente le Major) di controllare tutti i potenziali pirati, il tutto si concretizzerebbe in un’impresa tanto fantasmagorica quanto impossibile. Si tratterebbe di controllare milioni di Computer – centinaia di milioni di telefonini, oppure una molteplicità di entità che, ammettendo che l’azione sia possibile, occorrerebbero risorse moltiplicate per cento rispetto a quelle disponibili in una qualsiasi organizzazione di forze dell’ordine. Sto parlando di contrastare mezzi che già oggi sono disponibili per chiunque o quasi.
Se mi proiettassi avanti di dieci anni, vedrei scenari che anche con la mente proiettata all’avvenire, mi risulterebbero impossibili, pur sapendo che, ciò che in realtà avverrà, sarà molto più avanti su quello che la mia mente fantastica possa pensare. Vedo delle memorie allocate in un ciondolo appeso al collo (una catenina) capace di contenere 10.000 brani musicali, richiamabili a comando vocale, capace di trasmettere la musica ad un auricolare impiantato all’interno dell’orecchio (invisibile) che mi permette di ascoltare la musica di mio gradimento, oltre che di telefonare.
Naturalmente le parole: scaricare o condividere musica, perderanno di significato, anche perché un qualsiasi File musicale o altro, non avrà più un’allocazione fissa geografica. Essendo tutte le apparecchiature: Computer – telefonini – televisore di casa – riproduttori di qualsiasi genere… totalmente interconnessi tramite la ragnatela di Internet. Il risultato sarà che, nel momento che desidererò ascoltare un brano musicale, mi basterà pronunciare il titolo e… il brano partirà. Non ci sarà un’allocazione precisa ma… potrà essere riprodotto in spezzoni provenienti addirittura da diversi continenti contemporaneamente. Sto parlando della Rete totale!! Un sistema capace di contenere tutta la sapienza umana, disponibile per tutti perché di tutti.
Impossibile pensare ad una qualsiasi restrizione o regola ferrea concepita da hoc per agevolare i “pochi” con lo scopo di difendere i diritti d’autore che nella pratica non esistono. Se esistessero, sarebbero di tutti indistintamente così che tutto si eliminerebbe automaticamente. Già ma che cosa si vuole ottenere riconoscendo a forza diritti per pochi? Un cantante di successo vende normalmente milioni di copie in un anno – fa tournee in giro per il mondo – apparizioni TV e… ci vuole poco per capire le cifre astronomiche incassate. Già con questo primo stadio di profitto dovrebbe esaurirsi il diritto personale e chiunque dovrebbe avere il diritto di possedere un brano del suo autore preferito, magari copiato dall’originale di un suo amico – oppure scaricato da Internet. Forse la mia idea può sembrare provocatoria (non lo è) ma… è assurdo il concetto che l’autore di una canzonetta debba aver il diritto esclusivo per tutta la sua vita e addirittura tramandarlo ai posteri fino a 70anni dopo la sua morte. Nella mia vita ho spesso sentito parlare di un certo Mogol. Di certo questo signore avrà scritto migliaia di brani ed è facile capire quanti soldi avrà intascato e quanti soldi verranno incassati fino a 70anni dopo la sua morte. Una situazione assurda e fuori da qualsiasi logica umana.
Vogliamo parlare di uno scrittore di successo, il quale per ogni libro pubblicato, riesce a vendere: 700.000 – 1.000.000 di copie? Naturalmente un buon scrittore non scrive un solo libro ma… decine o centinaia ed è facile immaginare il guadagno. Il diritto sull’opera è sottinteso e nessuno può in nessun caso vantare di avere scritto un libro di un determinato scrittore, poiché una volta di dominio pubblico diviene tutto scontato! Allora? A che pro si vuole incassare tramite la SIAE un diritto su una sostanza che non esiste? Certamente per dare sempre di più a chi ha già tanto.
Nei fatti: il diritto d’Autore non ha nessuna rilevanza su chi non ha successo. Se scrivessi un libro, trovassi un editore disposto alla pubblicazione ma… le vendite sarebbero scarse, a nulla mi servirebbe il diritto d’Autore. Poi… perché la SIAE si interpone obbligatoriamente nell’incasso dei diritti? Ha forse un senso obbligare chi promuove una festa paesana in onore di un Santo di pagare la gabella su una “colletta” fatta casa per casa – euro su euro con grande sacrificio? Perché debbo pagare la SIAE in una festa dove magari recito poesie scritte da me stesso? È chiaro che in questo caso si tratta di un’arroganza avvallata dalle Forze dell’Ordine per incassare (sottrarre) soldi assolutamente non dovuto, approfittando della paura che si ha verso la Giustizia che in questo caso si trova ad assecondare una Legge ASSURDA.

sabato 3 marzo 2007

Tra Brevetti e Copyright

Le leggi sui brevetti e sui diritti di copyright sono i mezzi tramite i quali lo Stato, che è il più grande dei monopoli, garantisce ai monopolistici speciali privilegi a spese di molti, per proteggerli contro la competizione per un periodo lungo abbastanza da metterli in condizione di sottrarre alla gente costi superiori al valore dei loro servizi. Per questo le Major della musica lottano per mantenere i diritti sulla musica. Oggi che in Rete ci si può scambiare di tutto, permettendo a chiunque anche se squattrinato di potere attingere alla cultura e arte. I signori dei “diritti” acquistati da singoli cantanti, con soldi frutto dei grossi proventi derivanti dalla musica che, viene pagata per un 5% agli artisti, con un margine del 95% quasi netto, se togliamo le spese di duplicazione di una compilation che può essere del 2% del prezzo del prodotto finito.
L'abolizione dei privilegi potrebbe regalare ai loro attuali beneficiati una salutare paura della competizione, che da quando mondo è mondo è sempre esistita negli scambi commerciali di qualsiasi genere. Il monopolio potrebbe indurli a contentarsi di pagamenti per i loro servizi uguali a quelli che altri lavoratori prendono per i loro, e a mettersi al sicuro proponendo i loro prodotti e lavori sul mercato fin da principio a prezzi tanto bassi che il loro modo di fare affari non potrebbe tentare altri a mettersi in competizione con essi. I monopoli dei Brevetti e del Copyright sono una specie di diritti di proprietà che dipendono per la loro legittimità dalla sottile nozione di "proprietà nelle idee". I difensori di questa proprietà propongono una analogia fra la produzione di cose materiali e la produzione di astrazioni, e per questo paragone dichiarano che il costruttore di prodotti mentali, non meno del costruttore di prodotti materiali, è un lavoratore degno del proprio salario. Fin qui va bene.
Ma, per completare le loro tesi, essi sono costretti ad andare oltre, e a esigere, in violazione della loro stessa analogia, che il lavoratore che crea prodotti mentali, a differenza di quello che crea prodotti materiali, abbia diritto all'esenzione dalla competizione. Poiché il Signore, nella sua saggezza, o il Diavolo, nella sua malizia, ha disposto le cose così che l'inventore e lo scrittore produca naturalmente da uno svantaggio, l'uomo, nelle sue forze, propose di supplire alla (divina o diabolica) mancanza con un artifizio che non soltanto elimina lo svantaggio, ma in realtà dà all'inventore o allo scrittore un vantaggio che non ha nessun altro lavoratore - un vantaggio, per giunta, che in pratica va all'inventore o all'autore, al promotore e all'editore ed al monopolista. L'argomento per la proprietà nelle idee può sembrare di primo acchito convincente, ma se tu ci pensi abbastanza a lungo, comincerai ad esserne sospettoso. La prima cosa, forse, a destare il tuo sospetto sarà il fatto che nessun sostenitore di tale proprietà propone la punizione di quelli che la violano, essendo soddisfatti loro stessi dal porre coloro che violano tale proprietà sotto il rischio di pericolose cause legali, e che quasi tutti loro desiderano che anche il rischio delle cause legali scompaia quando il proprietario ha goduto del suo diritto per un certo numero di anni.
Allora, se, come Alphonse Karr, scrittore francese, ha rimarcato, la proprietà delle idee è una proprietà uguale ad altri tipi di proprietà, allora le sue violazioni, come le violazioni delle altre proprietà, meritano la punizione dei criminali, e la sua vita, come quella di ogni altra prosperità, dovrebbe essere assicurata contro lo scorrere del tempo. E sorge il sospetto che la mancanza di coraggio nelle proprie convinzioni possa essere dovuta a un istintivo sentire di essere nel torto. Io suppongo che, se fosse possibile, e se fosse mai stato possibile, per un illimitato numero di individui usare in un numero illimitato di posti la stessa cosa concreta nello stesso tempo, allora non ci sarebbe potuto essere nulla di simile all'istituzione della proprietà. In tali circostanze, l'idea di proprietà non sarebbe mai entrata nella mente umana o, se vi fosse entrata, sarebbe stata sommariamente lasciata da parte come un'assurdità tale da essere seriamente considerata solo per un momento.
Se fosse stato possibile per una creazione concreta o un adattamento della natura risultato dagli sforzi di un singolo, essere usato contemporaneamente da ogni individuo, inclusi il creatore o adattatore, impedendone la realizzazione, fino a fissare una legge per prevenire l'uso di una cosa concreta senza il consenso del creatore o adattatore, e venendo garantiti da una violazione a uno, tale violazione sarebbe stata benvenuta come una benedizione per tutti - in breve, sarebbe stata vista come il più fortunato elemento nella natura delle cose. La ragion d'essere della proprietà si trova nel fatto (vero) che non c'è alcuna possibilità, de facto che sia impossibile, nella natura delle cose, per un oggetto concreto essere usato in differenti posti allo stesso tempo. Esistendo questo fatto, nessuno può rimuovere da un altro un suo possesso ed usare la creazione concreta di un altro senza spogliare perciò tutti gli altri dell'opportunità di usare ciò che è stato creato, e per questa ragione diventa socialmente necessario, giacché una società prosperosa si basa sull'iniziativa individuale, proteggere l'individuo produttore nell'uso delle sue concrete creazioni proibendo ad altri di usarle senza il suo consenso.
In altre parole, diventa necessario istituire la proprietà privata nelle cose concrete. Ma tutto ciò è accaduto tanto tempo fa che adesso noi abbiamo totalmente dimenticato. Infatti, è veramente incerto se, al tempo dell'istituzione della proprietà, quelli che la fondarono abbiano realizzato e compreso il motivo che li spingeva. Gli uomini spesso operano per istinto e senza l'analisi che concorda con la corretta ragione. Coloro che istituirono la proprietà forse erano costretti dalle circostanze inerenti la natura delle cose, senza realizzare la quale, sarebbe stata stravolta la natura delle cose. Essi non avrebbero istituito la proprietà. Ma, anche supponendo che avessero compreso a fondo la strada imboccata, noi abbiamo dimenticato ciò che compresero. E così è arrivato il momento che abbiamo fatto della proprietà un feticcio, che noi consideriamo come una cosa sacra, abbiamo messo il dio della proprietà su di un altare come un idolo e molti di noi non stanno facendo soltanto quel che noi possiamo fare per perpetuare il nostro regno nei limiti della nostra sovranità, ma anzi stanno erroneamente tentando di estendere il loro dominio su cose ed in circostanze che, nelle loro caratteristiche-chiave, sono precisamente opposte a quelle in cui si è sviluppato il potere della proprietà. Tutto ciò che è da dire, per sommi capi, è che dalla giustizia e necessità sociale della proprietà delle cose concrete noi abbiamo erroneamente assunto la giustizia e necessità sociale della proprietà delle cose astratte - che è la proprietà delle idee - con il risultato di privare di validità, in un'estensione latra e deplorevole, quell' elemento fortunato nella natura delle cose, nelle circostanze non ipotetiche, ma reali - cioè, l' incommensurabile, fruttuosa possibilità di usare le cose astratte da un qualsiasi numero di individui in un qualsiasi numero di posti e precisamente allo stesso tempo. Noi siamo frettolosamente e stupidamente saltati alla conclusione che la proprietà nelle cose concrete implicasse logicamente quella nelle astratte, dal momento che, se abbiamo avuto la cura e la perspicacia di fare un'accurata analisi, noi abbiamo trovato che la vera ragione che detta la convenienza della proprietà nelle cose materiali rinnega la convenienza della proprietà in quelle astratte. Noi vediamo qui un curioso esempio di quel frequente fenomeno mentale, cioè la precisa inversione della verità da parte di una visione superficiale.
Di più, qualora le condizioni fossero le stesse in ambo i frangenti, e le cose concrete potessero essere usate da differenti persone in differenti luoghi in uno stesso tempo, allora, dico io, anche se l'istituzione della proprietà nelle cose concrete fosse in queste condizioni manifestamente assurda, sarebbe infinitamente meno distruttiva delle opportunità individuali, e infinitamente meno dannosa al benessere umano, che l'istituzione della proprietà per le cose astratte. E' facile vedere che, accettando l'ipotesi che una singola pannocchia sia continuamente e permanentemente consumabile, da un indefinito numero di persone disseminate sulla superficie della terra, anche l’istituzione della proprietà nelle cose concrete che assicurerebbe al seminatore di grano l'esclusivo uso di ciò che cresce nel suo campo non potrebbe, nel fare ciò, togliere ad altre persone il diritto di seminare altri campi e diventare coloro che godono esclusivamente dei rispettivi campi ; l'istituzione legale della proprietà nelle cose astratte invece non solo assicura all'inventore del vapore l'uso dell'energia che egli ha ora creato, ma allo stesso tempo toglie a tutte le persone il diritto di inventare loro stesse altre energie che partano dalle stesse idee. La proprietà perpetua nelle idee, che è la logica conseguenza di ogni teoria della proprietà delle cose astratte, per l'essere vissuto di James Watt, avrebbe fatto dei suoi diretti eredi i proprietari di almeno nove decimi della ora esistente ricchezza del mondo. E avrebbe fatto in modo
che, in forza della di vita dell'inventore dell'alfabeto romano, ora tutti i popoli altamente civilizzati della terra sarebbero gli schiavi virtuali degli eredi di quell'inventore, che è un altro modo per dire che essi, anziché diventare altamente civilizzati, sarebbero rimasti in uno stato di semi-barbarie. Mi sembra che queste due affermazioni, incontrovertibili dal mio punto di vista, siano in se’ sufficienti a condannare la proprietà perpetua delle idee.
Il testo che segue è uno tra i più conosciuti articoli a livello mondiale relativo copyright. Gli estensori del documento sono tutti programmatori lega all'esperienza della League for Programming Freedom gente del campo insomma, che con dovizia di particolari ricordano ai profani i casi più clamorosi di furto operato dai pochi privati di beni e idee assolutamente pubblici e condivisi. Lo sapevate che il prompt è sotto brevetto e che vogliono porre sotto brevetto anche sequenza algoritmiche? Perché allora non mettere sotto brevetto anche le lettere dell'alfabeto? Oggi troppe idee e progetti elaborati in comune negli anni passati e diventati il bagaglio naturale di ogni programmatore, vengono messi sotto brevetto. L'esito drammatico è quello di rendere impossibile la normale attività programmazione, senza prima avere al proprio franco costosi legali esperti in ricerche all'Ufficio Brevetti. Morale della favola: fare programmazione con pochi mezzi economici a disposizione diventa sempre più difficile. I brevetti sul Software minacciano di devastare l'industria informatica americana. I brevetti concessi nella passata decade vengono ora utilizzati per attaccare compagnie come la Lotus Development Corporation, per aver venduto programmi sviluppati indipendentemente. Presto nuove compagnie saranno escluse dalla cosiddetta "software arena", in quanto gran parte dei programmi di maggior interesse richiederanno licenze per decine di brevetti, rendendoli irrealizzabili Questo problema ha un'unica soluzione: i brevetti software devono essere eliminati.
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Ben trovati a tutti!

A tutto il popolo della Rete, spero di riuscire a scrivere cose utili.

Per adesso saluto tutti,

Gian Pietro Bomboi.